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Ott 2, 2020

Speranza o nostalgia?

In questa epoca turbolenta, ho forzato me stesso all’ascolto, tanto del mio mondo interiore che di quello esteriore, e ho sentito oscillazioni tra il “Non vedo l’ora che tutto finisca per tornare come prima e riabbracciarci” e il “Facciamoci una promessa: quando tutto sarà finito, il metro di distanza lo manteniamo lo stesso”.  

Credo che in entrambe queste estremità emotive risieda una tensione tra speranza e nostalgia o, se volete, una visione del futuro speranzosa e una nostalgica.  

A quale deve aggrapparsi il cristiano?

==>> Qualche giorno fa ho ricevuto delle immagini dal pastore George a Qamishli, in Siria, collaboratore di Porte Aperte che molti hanno conosciuto perché ci ha accompagnati in Parlamento17: alcuni uomini intenti a lavorare alla costruzione dell’edificio della chiesa, un centro di speranza per quel luogo, un sogno che George assieme ai membri della sua chiesa hanno portato e portano avanti tra persecuzione, guerra civile, ISIS, invasione turca, emergenza umanitaria e imponente crisi economica.  

Credo fermamente che per il popolo di Dio la visione del futuro sia speranzosa, non nostalgica: noi non speriamo che le cose tornino come prima o come erano una volta; noi non stiamo nella pelle nell’attesa di vedere cosa Dio farà per il Suo grande nome in questa epoca, nel futuro che ci attende!  

E certamente per visione speranzosa non intendo un fragile “andrà tutto bene”…  

Sono cosciente, infatti, che mentre l’Italia cantava dai balconi “Andrà tutto bene” per poi lasciare sbiadire bandiere e cartelloni con quella scritta sotto un velo di cupa ansia, il Nemico delle nostre anime incrociava (e incrocia tutt’ora) le dita supplicando: “Fa che la Chiesa non capisca mai che può essere vincitrice anche se va tutto male”. 

E il sorriso di mio fratello George mi ricorda che qualsiasi cosa accada, la mia speranza non è appesa a un fragile ottimismo, quanto piuttosto a un solido ottimismo il cui nome è Gesù, il Cristo risorto, Colui che ha riconciliato ogni cosa col nostro Creatore, noi inclusi.  

All’ombra della croce, in ginocchio, noi speriamo e confidiamo nelle Sue promesse.  

Esiste un’altra più ordinaria ma assai potente fonte di speranza per noi: i bimbi.  

Proprio così, i bambini.  

Addormentandomi su un libro sono incappato in questa espressione latina attribuita ad Agostino: “Initium ut esset creatus est homo”, affinché ci fosse un inizio fu creato l’uomo o, da un’altra prospettiva, l’uomo è creato per dare inizio a qualcosa. Ogni singolo bambino è sempre come un nuovo inizio nel mondo. Ed è proprio in questa straordinaria capacità di iniziare e nella continua natività di coloro che si arrendono a Cristo, che risiede un’altra fonte di speranza del futuro che ci aspetta.  

Il nato e il nato di nuovo rappresentano davvero una reale speranza per questo mondo.  

E certo, nella quotidianità degli adulti, noi tutti affrontiamo lo sforzo di trovare creativamente (a Sua immagine e somiglianza) il modo migliore di riempire di Lui l’universo.  

Per questo, credo, ci faccia bene guardare ai bimbi, perché per loro non è uno sforzo.