Chiesa profuga: uno sguardo fugace
Di Angelo Currò, parte dello staff della base italiana di Porte Aperte/Open Doors
Da poco si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato (20 giugno), appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per riconoscere la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire nel mondo a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani.1
Pochi giorni prima, il 15 giugno, Porte Aperte aveva lanciato un report dal titolo Chiesa profuga: Report 2022 su sfollati interni e rifugiati.2 La questione dei rifugiati e degli sfollati interni diventati tali per questioni connesse alla propria fede cristiana è un argomento di cui ci siamo spesso occupati nella nostra comunicazione. Qualche anno fa venne anche pubblicata una guida di meditazioni giornaliere dal titolo: Vivi come un rifugiato. Da questa guida condividiamo oggi un breve articolo e lasciamo subito la parola a Martin, un giovane diacono che, insieme ad altri cristiani, fuggì dal villaggio di Karamles quando vi entrò l’Isis.
Dalla sabbia posso edificare una chiesa
==>> Non si sente molto parlare di Karamles perché è ancora occupata dallo Stato Islamico (al momento della scrittura dell’articolo, ndr). Noi continuiamo a pregare e a tenere i culti esattamente nello stesso modo in cui facevamo a Karamles. In questo modo ricordiamo la nostra chiesa e il nostro villaggio. Ovviamente desidero tornare alla mia chiesa, il posto in cui sono cresciuto. Ma se io sono chiamato a servire nel deserto, posso farlo anche qui. Dalla sabbia posso edificare una chiesa.
A volte penso: “come posso stare ancora qui mentre così tante persone stanno andando via? Chi servirò? Servirò solo i muri della chiesa, solo gli edifici? Questa situazione che si protrae non ha fatto altro che consolidare la mia vocazione. C’è bisogno di me qui in questo momento per nutrire il mio popolo con carità e speranza. Sanno che la mia famiglia non è qui e che avrei potuto scegliere di emigrare per stare con i miei cari. Ma nonostante la situazione ho deciso di seguire la mia chiamata e rimanere in Iraq, con loro. Questa dà loro la speranza”.
Martin ha continuato a servire la sua chiesa, anche quando questa si trovava a circa 72 km di distanza da Erbil. Una grande tenda fungeva da edificio ecclesiastico, scuola e centro comunitario. Porte Aperte ha sostenuto Martin con la formazione e ha sostenuto gli sfollati di Karamles provvedendo aiuti e alloggi.
Secondo alcuni analisti stiamo assistendo a quello che potrebbe essere definito come un “esodo di cristiani” dai territori mediorientali.3 Ma si tratta veramente di un esodo? Stando al significato biblico a cui il termine rimanda, sembra che la risposta sia negativa. L’esodo riportato nella Bibbia racconta sì di un viaggio e dello spostamento di un intero popolo, ma non si tratta di una migrazione forzata, indotta o coatta. Dio liberava il Suo popolo “dalla mano degli Egiziani, e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso…”.4 I cristiani sfollati e rifugiati attuali sembrano essere più simili a quelli di cui si parla in Atti 8:1 che agli ebrei al tempo di Mosè.
Si potrebbe pensare che, alla fine, anche questo possa essere un bene. Un modo per fare giungere il Vangelo in altri luoghi. Sì, è vero che anche questo contribuisce a tal fine; ma basta questo per farci stare più sereni?
Durante un’intervista, Edward 5 – pastore siriano – a tal proposito ha detto alcune cose interessanti: “abbiamo perso più del 60% dei nostri membri. Hanno lasciato il paese. È stato molto duro, molti di loro avevano delle responsabilità in chiesa e in questa maniera sono aumentati gli oneri sugli altri responsabili. Abbiamo bisogno di nuovi servitori nella nostra chiesa […] i posti vuoti sono stati riempiti dai membri che si sono aggiunti, i quali hanno trovato speranza e pace in chiesa. Ma, certamente, questi ultimi sono differenti. È come se noi, come chiesa, avessimo adottato metà della nostra famiglia di fede in un solo giorno. Serve tempo per formare nuovi responsabili. Per certi versi questo può condurre a una frammentazione”.
È vero che c’è gioia per i nuovi convertiti – molta gioia a dire il vero – ma la perdita di credenti ha delle ripercussioni non indifferenti sulle comunità, come è stato espresso da Edward.
Questo è vero specialmente quando manca il tempo per metabolizzare gli avvenimenti, come nel caso di attacchi improvvisi alle comunità e ai villaggi cristiani. Spero che l’argomento trattato possa suscitare qualche spunto di riflessione nei lettori e indurli a lanciare non solo occhiate fugaci. Nel frattempo, penso sia giusto porre un quesito: continuerai a sostenere la Chiesa insieme a noi?
2 Report consultabile e scaricabile gratuitamente da https://www.porteaperteitalia.org/press/. Il presente articolo non è un sunto del report, al quale si rimanda per informazioni e dati.
3 Ad esempio https://edition.cnn.com/videos/tv/2021/12/18/exp-1226-janine-di-giovanni-christians-vanishing.cnn
4 Esodo 3:8
5 Video in cui appare Edward, https://www.youtube.com/watch?v=YXmsNIt8Y08