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Gen 8, 2021

Il tuo cuore: giardino o cimitero?

di Jan Vermeer, autore di “Il paradiso dei Kim”

Ho conosciuto Jan Vermeer in Porte Aperte: lui è un collaboratore sul campo. La sua testimonianza merita una premessa perché, per usare le sue stesse parole: “Condivido questo con molta esitazione”. 

Jan, infatti, nel suo ruolo in prima linea per portarci le testimonianze dei perseguitati, ha sofferto di un esaurimento nervoso (burnout).  

Oggi sta bene e del suo percorso di guarigione ha scritto una serie di articoli. Perché chi imita Cristo, imita il figlio Dio che sceglie la via della vulnerabilità per offrire salvezza a uomini e donne che vogliano accoglierla.  

“Essere vicari della sofferenza di Cristo NON significa essere liberati DALLA sofferenza del mondo, ma piuttosto essere liberati PER la sofferenza del mondo”1.

==>> “È solo una di quelle settimane”, mi sono detto. “Una di quelle settimane” è un eufemismo per spiegare uno di quei momenti in cui troppe storie difficili si infrangono sulla tua scrivania come onde sulla riva. Storie di stupri, di rapimenti, di omicidi. Storie di incertezza e di perdita.

Poi ci sono le conversazioni sul fatto se dovremmo o meno continuare a fare il nostro lavoro…

Alla fine che differenza facciamo? Di tutte le persone che Dio avrebbe potuto scegliere, perché ha scelto me per questo compito? Quanti pesi potrò ancora portare?

E non c’è tregua.

Prima raccogli la storia; poi la scrivi per spiegarla ad altri. Dopo averla scritta, pensi al progetto di aiuto, a cosa puoi raccontare e cosa no.

Ho avuto un breve momento per riflettere ieri. Nella mia mente mi sono visto posteggiare ognuna di queste storie e di queste conversazioni come se fossi un parcheggiatore. Solo che poi nessuno è venuto a riprendere la loro “macchina”. Presto il parcheggio della mia mente si è trasformato in un deposito di rottami con auto arrugginite e sfasciate.

Mi è tornato alla memoria il 2016, quando fui costretto a farmi aiutare da un consulente per affrontare i sintomi dello stress post-traumatico causati da anni di ascolto e racconto di storie orribili. Il mio consulente mi disse che in realtà non mi ero mai concesso di piangere per queste storie.

Pensavo di non doverlo fare. Ero forte. Le storie difficili al massimo mi rendevano triste, niente di più. Potevo farcela.

Mi sbagliavo. Settimane dopo la mia consulenza mi resi conto che il mio cuore si era trasformato in un cimitero con tombe poco profonde. Innumerevoli storie sepolte in fretta e furia.

Dovevo parlarne con Dio. 

“Che cosa è successo?”, chiese Gesù agli uomini diretti a Emmaus (Luca 24). Sapeva cos’è successo. Sapeva perché erano traumatizzati. Sapeva che non guardavano gli eventi da una prospettiva celeste. Gesù avrebbe potuto rivelare se stesso immediatamente. O almeno avrebbe potuto iniziare spiegando loro subito le Scritture agli uomini. Non l’ha fatto. Voleva che quegli uomini prima aprissero i loro cuori.

Che fai qui, Elia?”, chiese Dio al profeta che era così depresso da voler morire (1 Re 19:9).

Dio ascolta prima di parlare.

Il nostro cuore diventa un cimitero se seppelliamo rapidamente i nostri fardelli. Eppure il nostro cuore è pensato per essere un posto bellissimo, come il Giardino dell’Eden. Dobbiamo andare da Gesù con qualsiasi cosa ci appesantisca.

Non arrenderti alle tue ferite. Portatele a Chi può guarire qualsiasi cosa.

Ieri, dopo avermi ascoltato, Dio ha parlato: “Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giovanni 14:27).


1 Gartner (1986)