Gesù rende pura la sua Sposa
Di Cristina Merola, specialista sulla persecuzione di genere per Porte Aperte in Italia
Un vecchio detto somalo dice: “Gabadh ama god hakaaga jirto ama gunti rag”, che si traduce liberamente come “una ragazza dovrebbe essere sposata o in una tomba”.
Leah* e la sua famiglia, gli unici cristiani della loro zona, convertiti da due anni, vivono nel nord-est del Kenya, a ridosso del Corno d’Africa. Per i credenti kenioti di quella regione, la vita quotidiana è densa di pressioni sia sul piano privato che su quello sociale. Nella loro area i militanti di al-Shabaab costituiscono una minaccia concreta per la vita di chiesa. La figlia maggiore di Leah, Hubba ha subito un abuso sessuale e invece di sottoporre il colpevole alla giustizia dello Stato, il locale consiglio del villaggio ha pensato di imporre il matrimonio riparatore che comporta anche la conversione all’islam per Hubba.
==>> I genitori di Leah (cristiani ex-musulmani) si sono opposti, pur essendo consapevoli dello stigma molto pesante che avrebbe marchiato per sempre la figlia, ossia resa impura dallo stupro. Grazie all’aiuto ricevuto da partner locali di Porte Aperte/Open Doors, la ragazza si è potuta momentaneamente allontanare dalla zona e ricevere sostegno e cure, evitando il matrimonio con lo stupratore.
Anche nel Vecchio Testamento troviamo il matrimonio riparatore in Deuteronomio 22:25-29. Senza tale matrimonio, nella cultura di allora, la donna sarebbe stata stigmatizzata e destinata alla povertà, oltre che traumatizzata a vita. Questa legge molto sessista per la nostra odierna sensibilità andava in realtà a correggere e lenire le conseguenze di una cultura misogina, corrotta dal peccato. Chi ha familiarità con la Bibbia ricorderà senz’altro la vicenda di Tamar e Amnon in 2 Samuele 13:1-20 e le ripercussioni che tale doloroso episodio hanno avuto sull’intera famiglia di Davide.
Ebbene, in terre di persecuzione le donne cristiane sono prese di mira proprio con l’arma dello stupro per danneggiare la loro purezza sessuale e il loro status familiare. Gli uomini cristiani, diversamente, sono presi di mira a causa delle responsabilità che hanno come capifamiglia e leader della chiesa. È necessario chiederci quali effetti e conseguenze abbiano queste pressioni persecutorie esterne sulle relazioni all’interno della Chiesa, in altre parole capire se la Chiesa è in grado di affrontarle smarcandosi dalla cultura dominante o se invece è influenzata da tale cultura.
Approfondire la conoscenza del nostro Dio è fondamentale per tutti noi, tanto più lo è stato per Hubba e la sua famiglia. Ma lo è stato anche trovare accettazione e aiuto nella famiglia di fede: Hubba e la sua famiglia, infatti, sono state accolte e protette dalla chiesa (coadiuvata da Porte Aperte/Open Doors) con la cura del cuore paterno di Dio.
Le esperienze quotidiane di persecuzione, violenza sessuale, psicologica, confinamento forzato ecc., unite alle convinzioni sociali che influenzano il modo in cui rispondiamo alla persecuzione (Hubba deve vivere con lo stigma di colei che ha perso la purezza sessuale) e ai comportamenti che derivano da queste convinzioni (Hubba, secondo la cultura del posto, doveva sposarsi o vivere per sempre nella vergogna), rendono spesso la comunità cristiana addirittura complice silenziosa. La Chiesa in ogni cultura ne è vittima, se non l’aiutiamo. Di fatto molte Hubba vivono nella vergogna anche all’interno della propria chiesa, incapace quest’ultima di scrollarsi di dosso le convinzioni della cultura in cui è immersa.
Quali opportunità di resilienza rispetto alla cultura dominante ci sono oggi per la Chiesa?
La Sposa di Cristo, la Chiesa, può avere una testimonianza resiliente e splendente di Gesù e del Suo amore in ogni cultura, come nel caso di Hubba. Questo è il nostro impegno!
*Pseudonimo