L’esempio della giovane schiava
Di Cristina Merola, Staff di Porte Aperte in Italia
Mi tocca nel profondo il racconto di Naaman e della giovane schiava ebrea, preso da 2 Re capitolo 5. Della giovane schiava ebrea non sappiamo il nome, aveva probabilmente vissuto ciò che molte nostre sorelle e fratelli nell’Africa subsahariana vivono fin troppo spesso negli ultimi anni: uomini armati e violenti arrivano nella notte o all’alba, uccidono, violentano e rapiscono giovani donne e ragazzini, mentre chi può si dà alla fuga nella foresta, dove vagherà per giorni senza cibo e riparo.
Il destino dei ragazzini è il lavaggio del cervello e l’arruolamento forzato nella milizia di turno. Alle ragazze il tremendo futuro di essere forzatamente sposate ai combattenti o, in caso di rifiuto, ripetutamente abusate dagli stessi, tenute alla fame e in stato di schiavitù.
==>> Nella storia biblica Dio fa grazia a un uomo facoltoso, pluridecorato e onorato come Naaman che tuttavia era lebbroso. In tutto questo la giovane schiava della moglie di Naaman “soffrì e perdonò senza avere la minima idea della misura in cui Dio si sarebbe servito del suo sacrificio” (cit. di Dick Lucas). Tale atteggiamento apre il portone al perdono degli oppressori come unica via per chi persegue davvero la giustizia e a ciò che il Servo sofferente è stato disposto a fare per noi.
In tutta la Bibbia vediamo che le donne sono chiamate da Dio a svolgere compiti specifici e ruoli particolari. In diversi modi, questo si riflette nella vita moderna della Chiesa e il nostro ministero ne è un aspetto e un contributo. In particolare, noi di Porte Aperte/Open Doors prendiamo seriamente l’ingiunzione “fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” da Isaia 1:17 che Giacomo ripete alla chiesa del Nuovo Testamento (Giacomo 1:27).
La nostra ambizione è di rispondere a questa chiamata per i perseguitati della chiesa, resi particolarmente vulnerabili e, allo stesso modo, di essere lì a supporto di quelle sorelle che, come Ester, possono trovarsi in un ruolo unico nel Regno di Dio “proprio per un tempo come questo” (Ester 4:14). Siamo motivati dalla Chiesa perseguitata, non dal genere. Un pastore può essere attaccato a causa del suo ministero e della sua leadership. Noi lo affianchiamo come un fratello in Cristo. In molti paesi si nota che le donne svolgono un ruolo vitale negli sforzi di evangelizzazione. Questo, naturalmente, attira su loro la persecuzione. Noi le sosteniamo come sorelle nel Signore. Noi ci affianchiamo agli sforzi e ai bisogni della Chiesa di “difendere e diffondere” il Vangelo.
In Porte Aperte abbiamo molto da dare perché la Chiesa perseguitata ci insegna moltissimo. La vita spirituale sia della sorella perseguitata che della sua controparte nel mondo libero viene così arricchita. La creatività, la generosità, i doni e i talenti, la naturale inclinazione alla relazione e al coinvolgimento con altre donne sono i punti di forza dei tanti “Gruppi di Sorelle” delle nostre chiese. Alcune talentuose sorelle si lasciano impaurire dalle brutte notizie e sono riluttanti nella condivisione del peso per la Chiesa perseguitata, distratte dagli ideali di auto realizzazione, di ricerca del “ora tocca a me essere felice” nelle diverse fasi della vita di una donna. Eppure, sappiamo quanto sono attive, ferventi e combattenti in preghiera, in grado di mobilitare mezzi e persone per raggiungere ciò in cui credono, desiderose di crescere nella conoscenza della Scrittura e nella cura di altre donne.
La giovane schiava ebrea non passò il suo tempo piangendo, si fece forza nel Suo Dio, coltivò la relazione con la sua padrona, al punto che quando le suggerì di “presentarsi al profeta che sta a Samaria! Egli lo libererebbe dalla sua lebbra!” dimostrò di avere un animo sgombro da amarezza e odio per il suo persecutore. Allora prendi per mano la giovane sorella perseguitata, parla di lei alle tue amiche, usa i tuoi doni e le tue risorse per fare avanzare il Regno di Dio là dove le tenebre sono più fitte!